ATTENZIONE: QUESTA RECENSIONE CONTIENE PICCOLI SPOILER RELATIVI ALLE PRIME ORE DI GIOCO.

Il principale merito che possiamo attribuire ad Ubisoft e ad Assassin’s Creed è di essere stata la prima serie a comprendere e far trasparire le caratteristiche dell’attuale generazione di console. Non è solo questione di proprietà intellettuali, di gameplay o di aspetti tecnici: pur distinguendosi in questi campi, l’opera franco-canadese è andata oltre, cogliendo lo zeitgeist di un’industria, ne ha manifestato le potenzialità e la trasversalità.

L’introduzione del secondo gioco sembra un manifesto: il giocatore, interpretando un giovane Ezio Auditore, insegue suo fratello Federico che, dileggiandolo, gli dà della tartaruga. Dopo averlo raggiunto, i due fratelli ammirano il panorama fiorentino accompagnati dalle note di Jesper Kyd: Federico definisce la loro una bella vita ed Ezio si augura che “possa non cambiare mai”; il fratello maggiore lo incalza, dichiarando “che non cambi noi”. Un espediente narrativo che lascia spazio a molte riflessioni e sembra posto lì come monito al giocatore: che il videogioco evolva, ma che non cambi il nostro modo di giocare, il piacere che proviamo nell’esplorare mondi virtuali e vivere emozioni uniche.

L’inizio di Assassin’s Creed III supera, per intensità, quello del predecessore: questa volta il personaggio che controlliamo, Haytham Kenway, non corrisponde al protagonista della vicenda e si trova in una situazione eccezionale. Diretto verso il Nuovo Mondo, deve arrampicarsi per scorgere queste terre emergere dalla nebbia all’orizzonte: la musica di Lorne Balfe accompagna lo sguardo del personaggio e del giocatore con toni che si alzano improvvisamente, mentre in corrispondenza di Boston compare il titolo. L’intera sequenza ricorda i dipinti romantici, in particolar modo le opere del tedesco Friedrich, comunicando un miscuglio di sensazioni: vi è l’introspezione di Haytham Kenway, personaggio che più avanti conosceremo più approfonditamente e da diversi punti di vista, vi è il futuro incerto di fronte al quale è posto il giocatore. Un futuro che Assassin’s Creed III ci lascia intravedere e desiderare, spostando il limite della frontiera di qualche metro in avanti.

Una frontiera labile che riguarda soprattutto l’aspetto meccanico del videogiocare. Il gameplay dell’opera è in realtà un’ottima unione tra vari tipi di gioco: vi è il notevole miglioramento, con una semplificazione funzionale, del sistema di arrampicata e corsa; vi è l’aspetto manageriale che assume una rilevanza maggiore rispetto alle seminali intenzioni di Brotherhood e Revelations; vi è l’interessante meccanica delle missioni navali che, da sola, potrebbe giustificare l’acquisto dell’opera.

La comunanza di questi caratteri è la loro semplicità, la ricerca di soluzioni eleganti che siano facilmente imparate dal giocatore per poi essere utilizzate come più si preferisce: attraversare le location senza toccare terra, arrembare una nave nemica ed ottenere il massimo profitto da una tenuta sono solo alcuni esempi di dove i giocatori più smaliziati possano arrivare. Ma al di sopra di ogni cosa si erge una ricostruzione storica encomiabile: se i due spin-off dedicati ad Ezio Auditore ci avevano abituato ad un riciclo di ambienti e situazioni, la storia di Connor ci conduce in luoghi sconosciuti e lontani durante uno dei momenti storici più importanti della storia moderna. La guerra d’indipendenza ed il clima delle tredici colonie sono ricostruite con notevole accuratezza, mentre il coinvolgimento di personaggi storici è maggiormente ponderato, senza le eccessive banalizzazioni viste in Assassin’s Creed II.

A completare il quadro, le prospettive di ciò che la serie potrebbe essere quando il testimone passerà a Desmond: un’eventualità che non appare più così temibile, seppur resti remota. Sfortunatamente una sceneggiatura non sempre impeccabile e, soprattutto, sbrigativa nelle battute finali della vicenda resta il principale punto debole di una serie che non si congeda mai in maniera soddisfacente, preferendo abbozzare un “alla prossima puntata” piuttosto che concludere definitivamente una vicenda.

Un limite auto-imposto che grava notevolmente sull’esperienza finale di gioco che, malgrado le tante note positive, non può esser paragonata ad altre opere più ponderate per contenuti e tematiche come Red Dead Redemption di Rockstar San Diego: Connor non sembra tormentato dal suo essere meticcio (una questione che, negli Stati Uniti, ha avuto e continua ad aver un ruolo predominante), le controversie delle colonie (il comportamento nei confronti dei neri o la distruzione delle tribù indiane) sono soltanto accennate ed attribuite esclusivamente a personaggi lealisti o apertamente filobritannici. Questi sono solo esempi lampanti del modo in cui si eviti di trattare (attenzione: trattare, non di dare un proprio giudizio) riguardo questioni assai delicate.

Un capitolo a parte andrebbe dedicato al multiplayer sviluppato da Ubisoft Annecy: pur continuando sulla falsa riga di quanto visto precedentemente, gli sviluppatori hanno voluto presentare una serie di meccaniche non banali e diverse, soprattutto in un panorama che tende alla massificazione ed alla banalizzazione. Ma la nostra opinione è che questo aspetto del gioco sia, e resti, un elemento minore, un’aggiunta che può solo rendere più interessante l’acquisto dell’opera piuttosto che costituirne il principale motore all’acquisto.

Giungiamo alla conclusione di questa recensione tirando le fila del discorso. Assassin’s Creed III coglie pienamente lo zeitgeist del momento dell’uscita e, al contempo, si pone come esempio delle produzioni ad alto budget di questi anni: un gioco ricco di possibilità, di orizzonti da esplorare ed adatto a molti giocatori diversi. Una delle espressioni di cultura popolare più interessanti e complesse il cui unico difetto è nel non voler superare questa sua qualità, nel timore di scontentare (o di non esser compresa) dal pubblico giocante. Vedremo cosa cambierà nella prossima puntata.



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Dario Oropallo

Ho cominciato a leggere da bambino e, da allora, non ho mai smesso.

Anzi, sono diventato un appassionato anche di fumetti, videogiochi e cinema: tra i miei autori preferiti citerei M. Foucault, I. Calvino, S. Spielberg, T. Browning, Gipi, G. Delisle, M. Fior e S. Zizek.

Vivo a Napoli, studio filosofia e adoro scrivere. Inseguo il mio sogno: scrivere.

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